CARLO GRISOLIA
29 DICEMBRE 1960 - 29 SETTEMBRE 1980
INFANZIA
Carlo Grisolia nasce a Bologna il 29 dicembre 1960 da Alfonso e Clara. Ha due fratelli maggiori, Paolo e Giuseppe, e una sorella più giovane, Matilde, detta Titti.
Inizia la scuola elementare a Bosco Marengo (AL), dove la famiglia si era trasferita per ragioni di lavoro del padre. Lì, nel 1969, attraverso alcuni giovani amici, lui e i suoi fratelli iniziano l’esperienza con i bambini del Movimento dei Focolari. Vogliono partecipare anche loro ad un progetto solidale per il Camerun, così, per alcuni giorni, passano di casa in casa con un carrettino di legno, per raccogliere giornali e libri vecchi. Sul giornalino Gen, leggono i primi pensieri di Chiara Lubich, che segnano le tappe del gruppo.
ADOLESCENZA E IMPEGNO CIVILE
Nel 1973 la famiglia Grisolia, sempre per ragioni di lavoro del capofamiglia, si trasferisce definitivamente a Genova.
Terminata la scuola media, Carlo si iscrive all’Istituto Agrario. Fin dal primo anno si impegna negli Organi Collegiali della scuola. È attivo nei dibattiti delle assemblee studentesche con tutte le difficoltà di quegli anni, infiammati da contrapposizioni politiche molto accese. Proprio per questo, insieme ad un amico, fonda il “Comitato Libero Studentesco del Biennio Professionale” che si propone di “spingere gli studenti alla collaborazione, all’unità e all’amicizia”
La passione e l’impegno per la comunità civile, illuminati dal Vangelo, attraverseranno tutta la sua vita. Nel 1978, dopo l’uccisione di Aldo Moro, annota: «Eppure sento che come uomo nulla mi impedisce di uccidere coloro che hanno ucciso. Ma come cattolico sento che DEVO amare i miei nemici. Posso e devo odiare ciò che hanno fatto ma loro no, anzi dopo aver pregato per Moro, prego anche per loro».
MUSICA E POESIA
Carlo scopre di avere un animo d’artista, compone canzoni e poesie. Preparando un musical, scrive:
«Chi sei? Chi sei? Chi sei?
– Io sono il tuo passo / di ieri, oggi, domani.
– Io sono il tuo sguardo / che fugge nel verde di una valle.
– Io sono il peso di una montagna / che il grido (o il cuore) ha spostato.
– Io sono il raggio di sole / filtrato nella nebbia.
– Io sono il sentiero / della tua libertà.
– Io sono il fuoco che giuoca ancora/ fra quello che è l’odio e l’amore (il falso e la verità).
Chi sono? / Sono come tu mi pensi, / sono un infinito davanti a te».
NON SONO CAPACE DI NIENTE, MA
Nel 1978 è padrino di Cresima del cugino Lucio; per l’occasione gli scrive: «Lucio, io non sono capace di niente, se penso a me stesso così egoista, così timido, così pigro, svogliato, ecc, sento che non riuscirei neanche a muovere un passo. Ma la nostra vita può cambiare, possiamo amare perché questo deve essere il binario della nostra vita: AMARE.
E quando ti sentirai in difficoltà, quando non riuscirai a sorridere, quando soffrirai (sono cose che ti capiteranno) pensa a me che magari sto facendo la cosa più banale; ti assicuro che qualunque cosa io sto facendo, è perché tu possa sempre aver fede, credere cioè sempre al Suo Amore. E se anche quella ti vien meno, non ci far caso, ce la metto io per te, ma tu buttati ad amare, amare, amare. Se poi hai qualche problema e non sai con chi parlare, vieni da me o telefonami ma non perché io sia uno che la sa lunga ma perché, se tu ci riesci, puoi vedere in me un Gesù che ti parla, ti ascolta, ti aiuta. E ricorda: Gesù può tutto».
SERVIZIO MILITARE
Il 28 marzo del 1980 Carlo inizia il servizio militare come marinaio a La Spezia. In quel periodo, durante una libera uscita, sale a Soviore e scrive sul registro del Santuario: «Mio Dio, fa che ogni attimo, ogni passo, ogni sbaglio, ogni peccato, ogni gioia, ogni dolore, che tutto, tutto sia perché io e te ci vogliamo bene».
Il 16 agosto la sua salute ha un crollo. Poco prima di entrare in ospedale, lo raggiunge la notizia della morte di Alberto, caduto in montagna.
CARLO E ALBERTO
Gli ultimi 40 giorni di Carlo, ricoverato all’ospedale Galliera di Genova, tracciano una scia luminosa di dolore e amore.
Alle infermiere ripete: «Io so dove vado». Pensa al Cielo, e all’amico Alberto, che sente già in Dio.
Intorno a lui si stringe la famiglia, con comunità degli amici della parrocchia e del focolare.
A loro scrive: «Carissimi GEN,
di colpo Gesù mi dà la possibilità di unirmi a voi in modo più stretto. È sempre un bel gioco quello di vivere l’Attimo Presente, perché mi accorgo sempre di più che è l’unica realtà che si può vivere in un ospedale, come dovunque, al di là della bella esperienza di ieri in cui mi crogiolerei, del vuoto di questa mattina in cui mi perderei, e la paura di domani in cui mi lascerei andare.
Vi saluto … Teniamo Gesù in mezzo!».
Sapendo di un weekend per i giovanissimi, consegna queste parole: «Dite loro di non mollare mai».
UNA SCIA DI LUCE
Carlo vive il suo “Tuffo in Dio” il 29 settembre 1980.
Il funerale si svolge all’aperto: più di mille i presenti.
E la memoria di Carlo, e di Alberto, resta viva, continua a parlare.
Nel 1990, la futura beata Chiara “Luce” Badano vuole incontrare la mamma di Carlo: chiede luce per vivere la sua malattia. Di quell’incontro scriverà: «Stasera ho il cuore colmo di gioia, e sai perché? Ho ricevuto la visita della mamma di Carlo Grisolia di Genova […] L’emozione era tanto grande che quasi non riuscivo a parlare. Clara mi ha portato le foto di Carlo, così ho potuto sceglierne una che ora ho qui davanti a me. Durante l’incontro con la sua mamma, Carlo era con noi. […]
Riuscirò anch’io a essere fedele a Gesù abbandonato e a vivere per incontrarlo come ha fatto Carlo? Mi sento così piccola e la strada da compiere è così ardua; spesso mi sento sopraffatta dal dolore. Ma è lo sposo che viene a trovarmi, vero? Sì, anch’io ripeto insieme a te: “Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io».
Tra le righe della sua lettera, gli amici riconoscono le parole di Carlo, vissute in tanti rapporti, senza stancarsi di ricominciare, e così radicali negli ultimi giorni: «Io vivo per incontrare Gesù».
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