ALBERTO MICHELOTTI
14 AGOSTO 1958 - 18 AGOSTO 1980
INFANZIA
Alberto Michelotti nasce a Genova, il 14 agosto 1958. I suoi genitori sono Silvio e Albertina; ha un fratello più giovane, Paolo. I genitori gli forniscono un’educazione religiosa semplice e tradizionale.
Frequenta le scuole elementari, con ottimi risultati, come anche alle scuole medie “Andrea Doria”, dove, per superare le iniziali difficoltà, si impegna molto nello studio del Tedesco.
Nel 1980, ripercorrendo la sua vita, dirà: «Sono nato in una famiglia dove non è mai mancato il necessario; anche coi genitori non sono mai nati grossi problemi. A 13 anni non avevo amici, sono un ragazzo solo, tutto casa e scuola»
ADOLESCENZA
Dopo le medie, si iscrive al Liceo Scientifico “G.D. Cassini” di Genova, nella sezione di Tedesco, particolarmente impegnativa.
La sua vita ha una svolta durante i primi anni di liceo: «Incontro una persona È la prima che mi fa discorsi molto chiari: “Alberto, davanti a te ci sono tanti specchi, continui a guardarci dentro e perdi del tempo: spaccali”. Questa persona mi parla di Dio».
Quella persona è don Mario Terrile, il suo parroco, che insieme al Vangelo, gli trasmette l’amore per la montagna. Alberto è catechista, educatore dell’Azione Cattolica Ragazzi, e grazie alle sue grandi doti, ne attira un sempre maggior numero.
Si iscrive al CAI, Club Alpino Italiano, e impara ad affrontare salite sempre più impegnative.
L’INCONTRO COL MOVIMENTO GEN
Alberto racconta: «domenica sera, torno a casa dopo essere stato con gli stessi amici di sempre; non è successo niente di diverso, che giornata stupida! Una frase dell’Apocalisse mi batte nella testa: “…Perché non sei né caldo né freddo ho cominciato a vomitarti”.
È in questo periodo che conosco il movimento GEN (i giovani del Movimento dei Focolari). Da loro sento parlare di Dio Amore. Un Dio che parla a me, ad Alberto, mi chiama alla sua rivoluzione che fa a pugni col mio quieto vivere. Da solo? No, è impossibile; con altri, con i GEN, posso farcela».
Assieme a loro fa l’esperienza di una profonda vita di comunione, che sperimenta come una vera chiamata: «Gesù, […] mi ha chiamato alla Sua maniera; cioè senza riserve. […] È bello quando ti accorgi di dover cambiar pagina su tante cose; soprattutto in casa, a scuola, con la ragazza, con gli amici, non sei tu Alberto, ma è Gesù; cioè o doni del divino oppure è meglio che lasci tutto». (lettera a Fons)
L’ALTRO, MIO FRATELLO
Alberto racconta: «Un giorno entro in un vecchio locale vicino al porto [“Stella Maris” di Genova], ritrovo di marinai di colore, sbandati; non hanno nulla da mangiare, da vestire. Lì da alcuni mesi i GEN stanno aiutando un sacerdote solo in questa situazione disperata. Appena entro, l’odore di quelle stanze è per me una fucilata. Il primo istinto è quello di scappare; non posso credere che così vicino, nella mia città, possano esistere situazioni come questa. Un ragazzo del Ghana mi domanda qualcosa; non conosco la lingua. Insieme ci mettiamo a cercare un paio di pantaloni che gli vadano bene. A sera torno a casa: forse è la prima volta che sono felice. Ora so da dove arriva questa gioia».
«Mamma mia, non devo proprio farmi fregare. C’è il cuore di quello che mi sta accanto che va oltre ogni cosa». (Lettera a Madin)
Insieme Possiamo
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